venerdì 28 settembre 2018

AUTOINDUZIONE E INDUTTANZA



Consideriamo un solenoide con N spire percorso da una corrente variabile (ad esempio corrente alternata) i(t). Come noto dentro il solenoide è generato un campo magnetico che in questo caso è variabile.
B(t)=𝝁₀ni(t) con n numero di spire su metro n=N/l
Di conseguenza il flusso concatenato con le spire del solenoide è variabile e si genera una corrente che si dice corrente AUTOINDOTTA. In tal caso si parla si fenomeno di AUTOINDUZIONE.
Il campo B è proporzionale alla corrente e quindi anche il flusso concatenato è proporzionale con la corrente . 
Si pone : 𝞥(B)=Li
La costante di proporzionalità L tra il flusso e la corrente si chiama INDUTTANZA .
L'induttanza è una caratteristica di ogni dispositivo elettrico come la resistenza e la capacità.
In generale in ogni dispositivo elettrico si manifesta autoinduzione . 
in tal caso la forza elettromotrice autoindotta è data da:
𝝴=-d𝞥(B)/dt=-Ldi/dt
(fem=induttanza per la derivata della corrente)

Calcoliamo l'INDUTTANZA di un SOLENOIDE:
𝞥(B)=NAB=NA𝝁₀ni(t)=(𝝁₀AN²/l)i(t)
quindi L=𝝁₀AN²/l
l'induttanza dipende solo da caratteristiche geometriche del solenoide (superficie A delle spire, lunghezza l del solenoide, numero di spire N e dipende dal materiale con la costante 𝝁
L'unità di misura dell'induttanza è l'Henry : 1H=1Wb/1A



 video lezione sul fenomeno di induzione

sabato 22 settembre 2018

DIFFRAZIONE DELLA LUCE

La diffrazione è un fenomeno associato alla propagazione delle onde, i cui effetti si manifestano quando un’onda incontra un ostacolo o una fenditura le cui dimensioni sono comparabili o minori rispetto alla propria lunghezza d’onda.



La diffrazione è un fenomeno associato alla propagazione delle onde, i cui effetti si manifestano quando un’onda incontra un ostacolo o una fenditura le cui dimensioni sono comparabili o minori rispetto alla propria lunghezza d’onda. La diffrazione è la capacità tipica delle onde (e non dei corpuscoli) di propagarsi dietro ostacoli e fenditure di dimensioni comparabili o minori di quelle della lunghezza d'onda.
In accordo col principio di Huygens, dopo che la luce ha attraversato una fenditura, ogni punto della fenditura si comporta come se fosse a sua volta una sorgente di onde circolari e queste onde interagiscono tra loro mediante il fenomeno dell’interferenza.

Se per la luce valesse l'ipotesi corpuscolare il fascio di luce che attraversa un piccolo foro dovrebbe generare sullo schermo posto davanti un solo cerchietto di luce. Nel caso dell'ostacolo dovrebbe proiettare un'ombra netta con la stessa forma dell'ostacolo. Così non è. Anche per la luce vale il fenomeno di diffrazione. La luce proiettata da una fenditura è un alternarsi di frange luminose e scure. La diffrazione è in effetti l’interferenza tra le diverse parti dell’onda che avviene dopo che l’onda stessa ha incontrato la fenditura o l'ostacolo. Questa è una prova a favore dell'ipotesi ondulatoria della luce.





DIFFRAZIONE DA SINGOLA FENDITURA

La figura di diffrazione consiste nell'alternarsi di frange chiare e scure. Per una stretta fenditura si ha una banda centrale larga ed intensa (massimo centrale) affiancata da bande secondarie più strette e meno intense (massimi secondari) e da una serie di bande oscure (minimi). E' proprio la banda centrale molto grande che permette di distingure la figura di diffrazione dall'interferenza prodotta da due fenditure.

Consideriamo una fessura di larghezza a di dimensioni paragonabili alla lunghezza d’onda 𝞴 della luce. Ogni punto della fenditura genera onde circolari secondarie che si propagano in tutte le direzioni. Se la differenza di cammino delle onde secondarie generate da tutti i punti all’interno della fenditura è pari ad un multiplo della lunghezza d’onda 𝞴 della luce, le onde interferiscono costruttivamente e si ha un massimo nell’intensità di luce sullo schermo. Se la differenza dei cammini è un multiplo dispari di mezza lunghezza si ha un minimo (frangia scura) . (vedi interferenza di onde circolari)



 
Quindi dividiamo la fenditura in n punti da dove partono onde secondarie.


Consideriamo onde secondarie generate da punti della fenditura posti tra loro a una  distanza fissata. Possiamo pensare di dividere la fenditura prima in due parti, poi in quattro e così via. Facciamo questo perchè la differenza dei cammini di due raggi uscenti da punti della fenditura posti tra loro ad una data distanza, è sempre la stessa a parità di inclinazione 𝛳 rispetto all'orizzontale .
Partiamo con l'analizzare due onde secondare le cui sorgenti sono distanti a/2 e vediamo in quale posizione dello schermo vanno interferire in modo distruttivo (buio).  Così in questo caso la differenza di cammino delle onde secondarie generate dal bordo superiore della fenditura e dal suo punto medio (vedi fig. sopra: raggio 5 e 3 oppure del raggio 3 e 1) è uguale a:

 
se questa differenza di cammino è pari a mezza lunghezza d’onda ho il PRIMO MINIMO dopo il massimo centrale:

 
e quindi se :


allora si avrà interferenza distruttiva delle due onde (1°minimo)
 
Nella figura sopra, sull'asse orizzontale si rappresenta l'intensità della luce che arriva sullo schermo.
Se si applica la condizione precedente a onde secondarie generate da punti della fenditura distanti a/4 si ottiene:
 
si ottiene il minimo di secondo ordine. 
 
Infatti il sen𝜃 risulta maggiore del precedente e perciò la posizione è quella successiva rispetto al centro.

In generale posto con m l'ordine del MINIMO posso scrivere:


 
Per ipotesi la distanza D dello schermi dalla fenditura è molto grande rispetto alla larghezza della fenditura e quindi: sen𝞋=tg𝞋=y/D 
dove y è la DISTANZA del MINIMO dal centro dello schermo e D è la distanza tra la fenditura e lo schermo .Sostituendo sopra si ottiene:

 
Possiamo determinare la distanza y del minimo di ordine m:

 
y è direttamente proporzionale alla distanza D dello schermo e inversamente proporzionale all'ampiezza della fenditura. Quindi se aumenta la distanza dello schermo oppure diminuisce l'ampiezza delle denditure allora la figura di diffrazione si allarga e aumentano le frange.

Questa relazione fornisce i valori di y in corrispondenza dei quali la figura di diffrazione ha intensità nulla (frange scure)
Non dice invece nulla sul come varia l’intensità della luce sullo schermo.
Qualitativamente si ha una larga frangia centrale luminosa e molto più intensa, con ai lati un alternarsi di frange chiare molto meno intense.

A parità di fenditura come cambia la figura di diffrazione del laser rosso rispetto a quello verde?
Essendo 𝞴r>𝞴v allora sen𝜃r>sen𝜃v e 𝜃r>𝜃v e quindi le distanze tra le frange sono maggiori per il rosso rispetto al verde. (vedi  APPLET2)
A parita di colore della luce e quindi di 𝞴 se diminuisco le dimensioni della fenditura 𝜃 aumenta e quindi la figura di diffrazione si allarga. Ovviamente per ogni coppia di onde secondarie provenienti da punti della fenditura separati dalla stessa distanza a/2 si verifica la stessa condizione ottenuta sopra e sommando su tutte queste coppie di onde secondarie si ottiene il primo minimo nello schermo.
 

COME VARIA L'INTENSITA'
L'andamento dell'intensità ha la seguente equazione:

 
dove 𝛃 è dato dall'espressione:

 
e quindi:


e il corrispondente grafico è:


Infatti se si disegna il grafico della funzione y=[senx/x]² si ottiene:


esperimento verifica dell'andamento dell'intensità (spettro): clicca qui



clicca qui applet

 
nell'esperimento si calcola la distanza L tra i due minimi del primo ordine come mostrato in figura e si calcola l'angolo di apertura 𝝱 con sen𝝱=(L/2)/D e poi ricavo la larghezza a della fenditura con a=𝞴/sen𝝱


RETICOLO DI DIFFRAZIONE
Un reticolo di diffrazione è costituito da un gran numero di fenditure sottili poste una vicina all’altra, ugualmente spaziate tra di loro. La distanza tra due fenditure successive si chiama passo del reticolo.

Ad esempio il CD è un reticolo con un passo di 10⁻⁶m.
Se N è il numero di fenditure al cm del reticolo, il passo è d=(1/N) cm.

I raggi che escono da una fenditura si propagano in tutte le direzioni 𝝑.
I raggi provenienti da ogni singola fenditura interferiscono tra loro diversamente in funzione dell'angolo 𝝑
I raggi che non sono deviati ( 𝝑=0) interferiscono costruttivamente formando un massimo centrale.
 

I raggi deviati dell'angolo 𝝑 rispetto all'orizzontale interferiscono costruttivamente se la differenza del cammino data da d∙sen𝝑 è multiplo della lunghezza d'onda:
d
sen𝝑=m𝝀 con m=0, ±1, ±2…

 
Ad esempio il primo massimo si ha per
sen𝝑=𝝀/d
se diminuisce il passo d aumenta
𝝑 e di conseguenza i massimi si allontanano tra loro.
Notiamo come la posizione dei massimi dipende anche dalla lunghezza d'onda della luce e quindi dal colore. Il massimo del rosso è più spostato rispetto a quello del viola. 
Nel caso del reticolo di diffrazione le frange sono più intense perchè si sommano le intensità dei raggi provenienti da più fenditure.
All’aumentare del numero di fenditure i massimi diventano più intensi e più stretti fino a diventare delle righe ben definite. 
Per  questo motivo il retico viene utilizzato per separare i colori della luce. Il risultato è simile a quello che si ottiene con un prisma, tuttavia questi due strumenti sfruttano metodi diversi per separare le componenti cromatiche. Il reticolo sfrutta la diffrazione mentre il prisma usa la rifrazione. Nel caso del reticolo il colore più spostato è il rosso mentre nel prisma il rosso è quello meno deviato.
 

 
 
  
  video lezione politecnico Milano
 

 
 

 

domenica 9 settembre 2018

ESPERIMENTI INDUZIONE e AUTOINDUZIONE ELETTROMAGNETICA











APPLICAZIONI TECNICHE

FORNELLI AD INDUZIONE : nelle pentole sono generate delle corrente indotte che determinano un loro riscaldamento 
applicazione dell'induzione sul treno a lievitazione magnetica

sabato 8 settembre 2018

INDUZIONE ELETTROMAGNETICA: LEGGE DI FARADAY e LEGGE DI LENZ


ritratto di Michael Faraday 1791-1867
Il problema che si erano posti dopo il 1820 era il seguente:
"Se una corrente è capace di generare un campo magnetico sarà possibile che, viceversa un campo magnetico generi una corrente?"
La domanda scaturisce dalla filosofia di Kant che descrive una natura caratterizzata dalla simmetria.
Il problema è risolto dal fisico inglese Faraday che nel 1831 eseguì un esperimento.


Su un nucleo di ferro toroidale erano presenti due avvolgimenti di filo conduttore (vedi figura). Il primo collegato ad un generatore G ed a un interruttore S. Il secondo era collegato ad un galvanometro (amperometro molto sensibile a piccole correnti). L'idea era quella di generare un campo magnetico con il primo avvolgimento e di osservare le conseguenze sul secondo circuito sapendo che il campo magnetico si propagava in tutto il nucleo di ferro.

In un primo momento ciò si dimostrava falso anche per elevati valori di corrente nel primo circuito.


Quando ormai stava per rinunciare aprì l’interuttore S nel primo circuito e notò muoversi per un istante l’ago del galvanometro. Questo accadeva anche alla chiusura dell'interuttore ma in verso contrario. Per un breve istante, una corrente attraversava il secondo circuito. La corrente generata detta CORRENTE INDOTTA era molto debole. La causa della corrente non era il campo magnetico generato dal primo circuito ma la VARIAZIONE del campo magnetico data dalla variazione di corrente. Infatti alla chiusura e all'apertura del circuito la corrente passava istantaneamente da un valore finito i a 0 e viceversa.

Dunque un campo magnetico variabile nel tempo poteva produrre una corrente.

Il fenomeno prese il nome di induzione elettromagnetica e la corrente venne detta corrente indotta.

Per verificare la validità della legge, Faraday passò ad eseguire una serie di nuovi esperimenti usando un MAGNETE e una BOBINA collegata ad un amperometro.

Avvicinando e allontanando il magnete verso la bobina ferma in essa si generava una corrente indotta di verso opposto quando si cambia il verso del moto.

Girando il magnete per invertire la posizione dei poli magnetici cambiava nuovamente il verso della corrente.



La stessa cosa accadeva quando si teneva fermo il magnete e si avvicinava o allontanava la bobina. Inoltre:


1)La corrente risultava tanto più intensa quanto più veloce è il moto relativo magnete – bobina.

2)La corrente indotta era presente solo nell’istante in cui avveniva il moto .

La forza elettromotrice che genera la corrente indotta prese il nome di f.e.m. indotta.

L'esperimento riesce anche quando si varia la direzione del campo B facendo ad esempio ruotare il magnete:


Negli esperimenti, al posto del magnete si può anche usare il campo magnetico generato da una bobina percorsa da corrente.

Se il magnete è mosso nella direzione perpendicolare alla bobina il risultato è meno evidente. Quindi, dire che è la variazione del campo B responsabile della corrente indotta non è del tutto corretto.

La corrente è generata solo quando il campo B è variabile e linee di forza attraversano la superficie avente per contorno la bobina.

Qual è la grandezza fisica che descrive le linee di forza che attraversano la superficie? E' il FLUSSO di B!

La causa della corrente indotta è quindi la VARIAZIONE DEL FLUSSO CONCATENATO.

Tutte queste situazioni possono essere descritte in termini di variazione di un'unica quantità fisica, il FLUSSO DEL CAMPO MAGNETICO concatenato con il circuito dato. Il flusso concatenato è dato da:



dove A è la superficie deliminata dal circuito e interessata dalla presenza del campo B che forma un angolo 𝝰 con la normale alla superficie .
Segue la LEGGE DI FARADAY:

La forza elettromotrice indotta è dovuta alla VARIAZIONE del flusso del campo B attraverso la superficie avente come contorno il circuito (detto FLUSSO CONCATENATO con il circuito)
dove la rapidità della variazione del flusso nel tempo è indicata dal rapporto 𝞓𝞥/𝞓t indica la variazione media di flusso, N indica il numero di avvolgimenti della bobina e il segno - indica il verso della corrente indotta come dedotta dalla Legge di Lenz. Se il flusso non varia in modo lineare con il tempo bisogna considerare la variazione istantanea di flusso data dalla derivata del flusso rispetto al tempo che si indica con: d𝞥/dt

Di conseguenza la corrente indotta è data dalla legge di Ohm: i=𝞮/R dove R è la resistenza.

Una variazione di flusso concatenato con il circuito si può descrivere in modo equivalente con le linee di forza del campo B. Possiamo affermare che la f.e.m. indotta si genera quando le linee di forza attraversano e tagliano il contorno del circuito. (Vedi l'animazione sotto)




APPLET
 applet per simulare gli esperimenti di induzione CLICCA QUI
Nell'Applet è possibile spostare magnete-spira e misurare la corrente con amperometro, aumentare il numero di spire, muovere spira-spira 


altra applet: è possibile muovere il magnete per generare corrente indotta: CLICCA QUI

La LEGGE DI LENZ stabilisce il verso della corrente indotta ed è rappresentata dal segno - presente nell'equazione:
se il flusso non è lineare si usa la derivata:



LEGGE DI LENZ: il verso della corrente indotta è tale da opporsi alla causa che l'ha generata.


Consideriamo i seguenti casi:

Es 1: magnete che si avvicina alla spira con il polo NORD


Il verso della corrente indotta è tale da generare un polo Nord dalla parte del magnete che frena il magnete n avvicinamento. Quindi la corrente indotta genera un campo B indotto dalla parte del magnete e quindi il verso della corrente è antiorario se visto dalla parte del magnete.


Es 2: il magnete si allontana dalla spira.



la corrente indotta genera un polo SUD dalla parte del magnete che lo attira frenando il suo allontanamento. Il verso della corrente indotta è orario se visto dalla parte del magnete.

(
VEDI GENERATORE DI CORRENTE ALTERNATA)

L’INDUZIONE ELETTROMAGNETICA:
Filmato: http://www.raiscuola.rai.it/embed/l-induzione-elettromagnetica-la-scienza-per-concetti/9028/default.aspx






BARRA CONDUTTRICE IN MOTO SU UN CAMPO MAGNETICO

In una barra che si muove con velocità v in un campo magnetico si genera una forza elettromatrice indotta.
In questo caso possiamo interpretare il fenomeno con la forza di Lorentz. Le cariche libere presenti nella barra conduttrice subiscono la forza di Lorentz F=qvB diretta lungo la barra. Si crea un accumolo di carica opposta agli estremi determinando una ddp ai capi della barra.
Come noto la fem è la voro su unità di carica e quindi:
𝜺=L/q= Fl/q= qvBl/q=Blv
come già determinato usando la variazione del flusso concatenato.
 
il video propone esperimenti di carattere didattico sulla corrente indotta e sulle correnti parassite

venerdì 7 settembre 2018

POLARIZZAZIONE DELLA LUCE e LEGGE DI MALUS


Il caso più semplice di onda elettromagnetica è quello di un campo elettrico che oscilla su un determinato piano insieme al relativo campo magnetico che oscilla in fase su un piano perpendicolare al primo. 
Ma in generale i campi E e B possono cambiare la direzione di oscillazione a condizione che rimangano tra loro perpendicolari e entrambi perpendicolari alla direzione di propagazione. 
La radiazione si dice Polarizzata solo se il piano di oscillazione del campo E è uno solo (detto piano di polarizzazione)
La direzione di polarizzazione è per definizione quella di oscillazione del campo elettrico E. 
Esempio di un'onda polarizzata è quella prodotta da un'antenna bipolare.

FUNZIONAMENTO DELLA LENTE POLAROID: Si basa sulla polarizzazione per assorbimento (o per trasmissione). Consideriamo un'onda elettromagnetica polarizzata che in incide su fili conduttori paralleli. Sia 𝛂 l'angolo che la direzione di oscillazione del campo E che forma con i fili conduttori. Sia E⟘ la componente di E perpendicolare ai fili e E// quella parallela . (vedi figura sotto)
E// genera una corrente su i fili conduttori e quindi l'energia associata viene dissipata per effetto Joule. L'onda elettromagnetica viene modificata ed esce con la sola componente E⟘. Possiamo dire che la radiazione è polarizzata nella direzione perpendicolare al filo conduttore.
Nelle lenti Polaroid i fili conduttori paralleli sono delle catene di polimeri e l'asse di trasmissione è quella perpendicolare.
Se su una lente polaroid incide un'onda elettromagnetica POLARIZZATA di intensità I₀ e la cui direzione di polarizzazione forma un angolo 𝝰 allora la luce esce con minore intensità I data dalla LEGGE DI MALUS:
Infatti l'intensità dell'OEM è data da :
In presenza di un filtro con direzione di polarizzazioneche forma un angolo 𝝰 esce solo la componente del campo E//=Ecos𝝰. Sostituendo alla E nell'equazione dell'intensità troviamo:
e quindi:





applet polarizzazione CLICCA QUI

Semplice verifica della polarizzazione della luce con occhiali da sole con lenti polarizzate

In particolare se la direzione di polarizzazione del filtro è perpendicolare alla direzione di polarizzazione della luce l'angolo è 90° e l'intensità uscente è nulla.



Se un fascio di luce non polarizzata e di intensità I₀ attraversa un filtro di polarizzazione il fascio uscente ha sempre metà dell'intensità iniziale data da I=1/2 I₀.
Infatti si deve considerare il valore medio di cos²𝝰 che è 1/2. 
POLARIZZAZIONE TOTALE DELLA LUCE RIFLESSA:


Quando un fascio di luce incide sulla superficie di separazione tra due mezzi con indici di rifrazione diversi, la luce viene in parte riflessa e in parte trasmessa. 
La frazione di luce riflessa dipende dall'angolo di incidenza e, se l’angolo di incidenza è diverso da zero, la luce riflessa risulta PARZIALMENTE POLARIZZATA nella direzione orizzontale.(quella parallela alla superficie ) 
Questo giustifica il perché le lenti Polaroid hanno l'asse di polarizzazione verticale: serve ad eliminare i fastidiosi riflessi di luce che arrivano agli occhi polarizzati in direzione orizzontale.  Tale polarizzazione risulta apprezzabile intorno a un valore particolare dell'angolo di incidenza, chiamato ANGOLO DI BREWSTER (1812) .

Si può dimostrare che l'angolo di Brewster corrisponde all'angolo di incidenza quando il raggio riflesso è perpendicolare al raggio rifratto.

Ricordando la legge di Snell: n₁sen𝛃=n₂sen𝝰
dove :  𝛃 è l'angolo di Brewster e 𝝰 è l'angolo di rifrazione
Se il raggio incidente è perpendicolare a quello rifratto risulta:
𝛃+90°+𝝰=180° e quindi 𝝰=90°-𝛃
Di conseguenza la legge di Snell diventa: 
n₁sen𝛃=n₂sen(90°-𝛃)

n₁sen𝛃=n₂cos𝛃 e quindi l'angolo di Brewster è dato dal rapporto tra gli indici di rifrazione:
tg 𝛃=n₂/n₁


ESPERIMENTO SULLA POLARIZZAZIONE DELLA LUCE